Rifugio Sambügu

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L’entroterra di Arenzano è uno dei tanti posti meravigliosi che abbiamo in Liguria.

Questo fine settimana decido una due giorni in tenda con mio figlio, la cosa è rapida, prepariamo gli zaini, un poco di autostrada e in mezz’ora scarsa siamo all’uscita di Arenzano, destinazione il parcheggio del ristorante Agueta dove lasceremo la macchina per dedicarci a un po’ di tempo immersi nella natura dell’entroterra.

La meta scelta per il bivacco è il rifugio Sambügu, che è stato recentemente ristrutturato dall’associazione: U Gruppu (link nel testo). Hanno fatto un gran lavorone, se andate sul loro sito vi rendete conto in quale condizioni hanno ereditato quel rifugio. Oggi è diventato un piccolo gioiellino.

Ma torniamo al percorso. Una ventina di metri dopo il ristorante inizia un sentiero carrabile (a sinistra, con tabellone mappa sentieri in zona) che si inerpica velocemente lungo il fianco della collina. Sin da subito il paesaggio inizia a cambiare mentre sulla sinistra si intravvede il picco del Monte Rama, che svetta sopra i monti circostanti.

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Velocemente si arriva al primo punto di sosta, al Passo Gua, bivio da dove dipartono due sentieri, uno verso il “lago da Tina” (marmitte dei giganti del Rio Leone) e l’altro verso i Ruggi, più a nord rispetto al lago.

Esiste però un altro sentiero, non segnalato e ormai da anni abbandonato, che si distacca da quello verso il lago della Tina e scende a perpendicolo sul fianco della collina, diritto nella vallata verso Case Freghee che sono situate molto vicine al rio Lerone, rio che si origina dalla confluenza del rio Leone con il rio Giassu du vacche. Tempo ne abbiamo, voglia pure, decido di prenderla un po’ più “larga” e imbocchiamo questo sentiero che subito si infila nel folto, ed è cosparso di rovi e tronchi abbattuti. Come dicevo è un sentiero abbandonato, ma lo avevo già percorso e sapevo dove portava. Si poteva appena scorgere la traccia del sentiero, ed in larghi tratti occorreva farsi strada con il bastone per allontanare rami e sterparglie e per facilitare la discesa molto ripida e scoscesa. D’inverno risulta più semplice dato che l’erba non è così alta (si vede meglio dove si mettono i piedi) e tutta la vegetazione è più contenuta.

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Verso la fine del sentiero si incontra un vecchio bivacco completamente abbandonato anch’esso e con il tetto parzialmente crollato e subito dopo il bosco diventa più pianeggiante e leggermente più rado sulla sinistra, un ottimo posto per venirsi ad accampare (un’altra volta).

Questo piccolo sentierino arriva come dicevo a “Case Freghee” che sono su di un sentiero principale che porta al Passu du Figu, anch’esso vicino al lago della Tina. Subito noto uno strano andirivieni, perchè anche se è sabato troviamo parecchie persone che salgono da Arenzano su per questo sentiero. Decidiamo però immediatamente di scendere fino al Rio Lerone, per fare sosta per il pranzo, e abbandonate Case Freghee e sentiero prendiamo quello che scende, nuovamente ripidamente ma in buono stato, verso il torrente. Si sbuca sul torrente proprio in prossimità di un vecchio ponte di legno, che se si attraversasse porterebbe poi indietro verso Arenzano, in località Motta. Non proseguiamo e scendiamo sul torrente.

La stragrande maggioranza dei torrenti liguri sono estremamente suggestivi, in molti dei loro punti, presentando invariabilmente zone di “rapide” intervallate da piccolissimi “laghetti” dove il rio rallenta, e il tutto spesso completamente circondato dal bosco, assicurando buone zone d’ombra per le soste e un po’ di svago.

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A proposito di svago, visto che ci troviamo sul greto del torrente circondati d’acqua, decido di far accendere un piccolo fuoco a mio figlio, per scaldare un po’ di formaggio da infilare nel pane che ci siamo portati appresso.

E successivo spegnimento e ripristino del luogo a spuntino avvenuto! Ovviamente.

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Riprendiamo poi il sentiero per portarci su quello principale, visto che la meta per la notte sarebbe stato il rifugio Sambügu. Il sentiero procede in leggera salita, è ampio e coperto, ed è molto più rilassante del sentiero abbandonato che avevamo percorso in prima mattina.
Si arriva fino al Ponte di Negrone, grossa struttura che attraversa il Rio Leone (siamo proprio nel punto di confluenza dei due torrenti, Leone e Lerone), e subito a destra inizia in fortissima pendenza il sentiero “dell’Ingegnere” che porterà fino al Rifugio.

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Anche se siamo già a settembre, e anche se dalle previsioni doveva essere una giornata coperta, il sole picchia e il caldo è molto (siamo a quote molto basse, il rifugio stesso è a m. 480 sldm), avanziamo quindi lentamente e in tranquillità, sovrastando il Rio Lerone alla nostra sinistra e godendo del paesaggio che diventa sempre più aspro e meraviglioso, e con tratti apertamente montani.

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Decido di fare la “variante bassa” che è bassa solo nel nome, nel senso che è un giro leggermente più largo per arrivare al rifugio e segue il torrente, per finire con una arrampicata piuttosto ripida per riportarsi in quota, ma ad un certo punto ci troviamo la via sbarrata da un tronco messo in orizzontale ed una chiara striscia segnaletica, con un cartello che indica di prendere l’altro sentiero per arrivare al rifugio. Non sapendo il motivo dello sbarramento, e non volendo rischiare seguo l’indicazione per la via più diretta. Si sale e si sale in fretta, tradotto: molto ripidamente.

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Ed arrivati al rifugio abbiamo la sorpresa di trovare un sacco di gente dell’associazione che se ne prende cura, e lì scopriamo che è in corso la Maratona Mari e Monti 2018 ed il Rifugio è uno dei posti ristoro previsti sul percorso. Per fortuna ci siamo scampati il “traffico” avendo fatto tutti i nostri giretti fuori percorso nella mattinata – scopriamo che dal rifugio in mattinata sono passate un migliaio di persone – ma siamo contentissimi di aver conosciuto le persone dell’Associazione, gente preziosa che aiuta a mantenere vive le nostre montagne, facendo un servizio volontario inestimabile. Info per il viandante: Al Rifugio è presente l’acqua, non di sorgente, ma la prendono direttamente dal torrente, più a monte. Non è “certificata ufficialmente potabile” ma è potabile. Al massimo bollitela se non vi fidate, i viandanti che frequentano il rifugio la bevono direttamente.

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Passata la “scopa” (l’ultimo della maratona porta una vera e propria scopetta in saggina infilata nello zaino, per segnalare che dietro non c’è più nessuno) pochi minuti dopo il nostro arrivo, sgomberano tutti e mio figlio decide che la notte non l’avremmo passata in tenda: il rifugio è così bello che sembra una baita. “Insomma me l’hai fatta camallà pé ninte (la tenda)!” – dico io – “e allora stasera ti tocca cucinare a te!”.

Riattizziamo le braci che hanno fatto per farsi una grigliata i ragazzi dell’associazione e, finalmente soli, giù di magnata!

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Siamo qui, pochi km dal mare, pochi km dai motorini, sirene, motori d’auto, ma siamo fuori dal mondo, con una piccola casetta tutta da godere per noi, immersi nei rumori serali del bosco, e nient’altro.

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Passata la notte, toeletta e colazione, e lasciato un messaggio sul libro del rifugio, ripartiamo la mattina presto per il Passu du Figu, dal quale si scende per un ripido sentiero fino al Lago della Tinetta e poco dopo della Tina. Si prosegue lungo il torrente, salendo nella valletta.

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Lo spettacolo è come sempre suggestivo, toglie il fiato quando il sole spunta da sopra la collina a destra per illuminare la Marmitta della Tina, enorme incavo scavato nella roccia dal torrente nel corso del tempo.

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Ci fermiamo per rilassarci un po’ di tempo, a godere del paesaggio, dell’aria finalmente un po’ fresca, e per buttare qualche briciola di pane ai pesci che frequentano il torrente anche a questa altezza. Pesci estremamente affamati a questa altitudine, si buttano su qualsiasi cosa sfiori il pelo dell’acqua, con voracità.

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A metà mattinata, finito il ricreo ludico, riprendiamo il sentiero che dalla Tina riporta verso il Passo Gua (direzione verso Arenzano), ma prima di arrivare al passo lo lasciamo per prendere una deviazione verso il Riparo della Cianella (“Salamandre”) un vecchio riparo costruito ben 129 anni fa e attualmente mantenuto dal gruppo Scout di Arenzano. Spartano, ma ben tenuto, con un piccolissimo soppalco e disponibilità di “posti sacco” anche sul pavimento. Piccola fonte d’acqua sorgiva subito di fronte al Riparo, e possibilità di spazi tra gli alberi per sistemare eventuali tende.

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La tenda non la montiamo, ma visto che mi ero portato un’incerata montiamo quella per aggiungere un po’ d’ombra alla giornata estremamente calda.

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E poi, via di cucina, stavolta con un piccolo fornelletto fai da te, per evitare di usare il punto fuoco grande.

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Lavaggio gavette, un po’ di “riposo del guerriero” e si ritorna verso valle, verso i motorini, le sirene e i motori d’auto. Arrivederci Sambügu, torneremo a trovarti e con te i tuoi fratelli sistemati a quote più elevate. Ma questa è un’altra storia.

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Alla prossima.

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